Film

Gone Girl

gone girl

Una coppia perfetta e felice, una bella donna intelligente e di famiglia benestante come la bionda Amy ed un brillante e affascinante giornalista Nick che si incontrano e si cercano fortemente, sfoderando tutte le loro armi di seduzione. E si sentono perfetti e felici, padroni del mondo e superiori alle altre coppie noiose e frustrate che incontrano, tanto da ripromettersi più volte di non voler mai diventare infelici allo stesso modo.

Ma quando arriva la crisi economica, arriva anche il crollo emotivo dei piccoli borghesi della nostra generazione, che vedono crollare ogni loro certezza e conquista e cambiano anche il loro modo di vedere il mondo e relazionarsi con esso e con i suoi abitanti. Succede anche a Nick ed Amy, che con il tempo iniziano ad allontanarsi emotivamente e scivolare nella stessa routine dalla quale si credevano immuni.

Tutto subisce una svolta inaspettata la mattina del loro quinto anniversario di nozze, quando Amy sembra scomparire nel nulla, lasciando dietro di sè una casa sottosopra e una sospetta quantità di sangue maldestramente lavato via. Le indagini si concentrano inevitabilmente su Nick, che sembra apatico e poco coinvolto se non per urlare la sua totale estraneità ai fatti. E mentre i giorni passano, la storia finisce sempre più sotto i riflettori: emergono piccoli segreti, si fanno ipotesi e si emettono sentenze mediatiche.

La prima parte del film è tutta qui: nessuno sembra credere all’innocenza di Nick se non sua sorella gemella, a cui è molto legato. Nemmeno noi spettatori ci fidiamo troppo di lui, incapace di versare una lacrima per la consorte. Seguiremo quindi le indagini, ci stupiremo per quelle mezze verità che pian piano affioreranno in superficie e ci faremo un’idea di quello che può essere successo alla biondissima figlia di papà svanita nel nulla. Soprattutto in questa prima parte del film il punto di vista cambia spessissimo, e scopriremo come la storia di un matrimonio felice possa cambiare radicalmente se raccontata dal punto di vista del marito svogliato che risponde alle domande della polizia o da quello della moglie annoiata, che annota tutto tra le pagine del suo diario.

Nick Dunne took my pride and my dignity and my hope and my money. He took and took from me until I no longer existed. That’s murder. Let the punishment fit the crime.

Poi tutto cambia: con estrema abilità Fincher ci sconvolge e ci mostra il lato hitchcockiano di questa storia, che sveste improvvisamente i panni del thriller psicologico e diventa un racconto fedele della natura umana nelle sue sfumature più cupe. Alla base di tutto c’è la menzogna e la manipolazione, intrecciata a doppio filo con le vite dei protagonisti, che il regista ci racconta usando con maestria le sovrapposizioni temporali, che solo alla fine incastrano tutti i pezzi per comprendere a pieno la verità nascosta. Gli inganni e le menzogne si incastrano sempre meglio, complicando inesorabilmente ogni tentativo di riscatto o di evasione, fino alla mossa finale, che non lascia scampo ai soggetti coinvolti.

Un film che mette a nudo l’animo umano e che ci toglie ogni speranza di felicità, che ci viene descritta come un costrutto, un’illusione da mostrare agli altri.

we never really existed. nick loved a girl I was pretending to be.

Al di là dell’ottimo lavoro in fase di sceneggiatura – la cui firma è la stessa dell’autrice del romanzo da cui il film è tratto – e in regia, occorre menzionare la grande prova offerta dalla protagonista Rosamund Pike e da quel piccolo esercito di attori già visti un po’ ovunque che hanno contribuito con classe a non abbassare mai il livello della pellicola. Anche il protagonista maschile, quel Ben Affleck che ancora non riesco a farmi piacere nonostante l’importante carriera alle spalle, interpretando un personaggio monocorde, riesce ad essere più credibile del solito.

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