Film

Big Eyes

Conosciamo la biondissima Margaret e sua figlia all’inizio del film, quando una calda voce narrante ci informa che si stanno lasciando alle spalle un marito (ed un padre) da dimenticare, senza soldi ma con tanta voglia di ricominciare. Margaret dipinge per diletto, e tra un turno e l’altro a lavoro guadagna pochi dollari disegnando ritratti di bambini a passanti e turisti.

Durante una di queste giornate all’aperto passate a disegnare, Margaret si imbatte nell’affascinante Walter Keane, aspirante artista e abile manipolatore, che prima sedurrà Margaret e la sposerà e poi, avendo intuito che lo stile pittorico di lei era particolarmente apprezzato dagli addetti ai lavori, inizierà a spacciarsi per il vero autore dei dipinti, convincendo la povera Margaret che fosse la soluzione migliore per diventare ricchi e famosi.

In effetti i quadri della donna erano molto diversi da quanto già visto in quegli anni (siamo nell’America degli anni ’50): Margaret dipingeva bambini dall’espressione malinconica e con degli occhi esageratamente grandi.

L’inganno di Keane durerà per un decennio, e mentre Margaret è costretta a mentire al mondo e a malincuore anche alla sua stessa figlia, Walter girerà il mondo e accumulerà una fortuna. Ma dopo essere stata tanto remissiva, Margaret decide un bel giorno, spronata dal caratteraccio del marito, da una fuga alle Hawaii e da sua figlia, di uscire allo scoperto, attraverso un’intervista  ed una causa legale contro Walter.

Da amico personale da tempo della vera (e ancora molto attiva) Margaret Keane, Tim Burton regala al suo pubblico una biografia poetica in cui il suo tocco si nota ma rimane in secondo piano rispetto ai personaggi. Amy Adams e Christoph Waltz superbi, circondati da colori pastello e atmosfere anni ’50 e ’60 ben ricostruite.
In Big Eyes non vedremo nessun salto temporale azzardato, nessuna tecnica particolare se non quella del racconto lineare, nessun effetto speciale invasivo, per un film per tutti e che vale davvero la pena di guardare con attenzione, ritrovando un Burton che sembrava perduto da tempo e che invece riemerge con fotografia, musica e narrazione a tratti favolistica come nei suoi anni migliori.

Gli occhi sono il modo in cui esprimo le mie emozioni, li ho sempre disegnati così. Da piccola un’operazione mi ha lasciata sorda per un periodo e così mi sono ritrovata a fissare con lo sguardo, mi affidavo agli occhi della gente.

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