Film

Dallas Buyers Club

Contrarre il virus dell’HIV negli anni 80 era una doppia condanna: l’aspettativa di vita era di pochi mesi e venivi automaticamente etichettato come omosessuale “untore”. E questo per Ron, amante di droga, soldi facili e donne, era un colpo ancora più duro da incassare. Emarginato da tutto e tutti, deluso dai medici e dalle terapie “ufficiali”, trova una speranza in una clinica clandestina oltre il confine con il Messico. Decide allora di impiegare il poco tempo che gli rimane da vivere trovando un modo per fare soldi ed allo stesso tempo aiutare altri malati di AIDS come lui, vendendo loro vitamine e farmaci illegali o non approvati dalla FDA. Con l’amico più insolito che potesse trovare, la giovane transessuale Rayon, fonda infatti il Dallas Buyers Club, che somministra farmaci in cambio di una quota associativa annuale. La tenacia e la voglia di vivere di Ron sopravviveranno a processi, sequestri e delusioni, che riuscirà ad accettare la sua condizione di sieropositivo e a modificare radicalmente il suo stile di vita e a trarre forza dalle sue disgrazie. Un film ben fatto e coinvolgente, realistico ma poetico, in cui tutti i drammi che l’avvento massiccio dell’HIV vengono raccontati senza buonismo. Il protagonista non è un eroe, né un attivista per i diritti umani, ma affronta un percorso di accettazione e trasformazione in cui è facile identificarsi, indipendentemente dall’orientamento sessuale o dall’epoca in cui si vive. Se poi non avete mai avuto un debole per le lobby delle grandi case farmaceutiche o se odiate il pregiudizio, questo film sarà perfetto, perché riassume in sé una condanna totale verso tutto ciò che è ottusità, negazione dei diritti (anche quelli dei malati) e pregiudizi, anche scientifici.

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