Basata sulla (quasi) omonima serie inglese del 2006, questa serie americana andata in onda un paio di anni dopo esplora l’universo dei crimini di natura scientifica, pseudoscientifica o deviante verso il paranormale.
Per far luce su questa tipologia di misteri e risolvere i crimini ad essi correlati, l’FBI si affida – come al solito – ad un esperto del campo, in questo caso al biofisico Jacob Hood, che diventa un loro consulente speciale, affiancato dall’agente speciale Rachel Young.
Le somiglianze con Fringe ci sono e sono pesanti, anche se qui si cerca di rimanere più con i piedi per terra, indagando anche sugli abusi legati alla scienza (quella vera, non la fantascienza) oltre che tentare di esplorare l’ignoto, il possibile ed arrivare a sfiorare il decisamente impossibile.
Quello che non funziona, o che non ha funzionato abbastanza da permettere a questa serie di arrivare per lo meno ad una seconda stagione, non è la scienza, che anzi, è ben inserita, ben spiegata e abbastanza credibile nelle sfumature presentate, bensì i protagonisti, costretti ad interpretare gente senza emozioni, seriosa e dalla personalità impenetrabile. Sono proprio i protagonisti che portano il curioso telespettatore ad annoiarsi, nonostante le tematiche interessanti, ed è forse questa la differenza principale con la diretta concorrenza (come accennavo prima, Fringe).
Nonostante tutto, è una serie che merita un’occhiata, se non altro perchè la debolissima trama orizzontale permette ai curiosi di godersi un episodio ogni tanto senza ansie, in quanto i singoli casi sono trattati in episodi autoconclusivi.