Serie TV

Impastor

Troppi giochi di parole in questa single-camera comedy puramente estiva di TVLand. In italiano suonerebbe come Pastore-Impostore o semplicemente Im-pastore (tremo al solo pensiero che la traducano effettivamente così!). Protagonista è uno di quegli omuncoli che prenderei a schiaffi ripetutamente nella vita reale: Buddy (e già il nome…) un accanito giocatore indebidato fino al collo, incapace di prendersi le proprie responsabilità e cambiare vita con le sue forze, appena mollato anche dalla fidanzata, decide di farla finita e lanciarsi da un ponte. Un uomo gentile di passaggio, nel tentativo di dissuaderlo, finisce egli stesso nelle fredde acque del fiume. Spaventato ma al tempo stesso consapevole di quanto possa essere a portata di mano una nuova vita, Buddy si impossessa di automobile e documenti dello sfortunato buon samaritano e formula l’ennesima stupida idea della sua vita.    Fingendosi l’ormai defunto reverendo Jonathan Barlow, neo-pastore dichiaratamente gay della piccola comunità di Ladner, lascia credere ai suoi creditori che Buddy sia effettivamente morto. Il suo intento sarà quello di scoprire le credenziali e le password di Barlow nel più breve tempo possibile, in modo da svuotargli il conto in banca e fuggire il più lontano possibile. Ovviamente le cose non saranno così semplici, fin dall’inizio (ma non saranno nemmeno piene di sangue e lacrime come in Banshee, la cui trama è decisamente simile, ma nemmeno come nella nuovissima Sneacky Pete, che riprende anch’essa la tematica del “furto di identità”). Tra allusioni omosessuali e frecciatine alla chiesa battista americana, la serie si affida un po’ troppo al suo protagonista, che non è nè affascinante nè carismatico, ma sembra conquistare tutti con facilità, tra una battuta scontata ed un’arrampicata sugli specchi.

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