Film

American Sniper

Da buon figlio del Texas, Chris Kyle passa l’infanzia a far tesoro degli insegnamenti del padre (“al mondo esistono tre tipologie di persone: le pecore, i lupi ed i cani da pastori”) e ad onorare i valori in cui crede fortemente (Dio, famiglia, patria). Il suo istinto da “cane pastore” lo porta ad avere un forte senso di giustizia e un’indole protettiva nei confronti della sua famiglia e dei più deboli. Sono passati solo pochi minuti dall’inizio del film e già Eastwood ci descrive un santo (alto tre metri e largo quattro, ma sempre un santo).

Dopo aver scoperto il tradimento della propria ragazza e in seguito allo sdegno provato dopo aver appreso la notizia di un attentato ad alcune ambasciate americane in Africa, Chris decide di fare qualcosa di concreto per il suo Paese e si arruola nei Navy Seals, abbandonando il suo lavoro nei rodei (perchè pare che in Texas si possa ricevere compenso con i rodei).
Notoriamente famosi per essere uno dei corpi militari più badass d’America, i Navy Seals addestrano duramente Chris, temprandone fisico e carattere e facendo di lui un abile cecchino.

Chris partirà per l’Iraq ben quattro volte in missione, ed in ognuna si distinguerà per coraggio, nervi saldi e infallibilità. Ben presto viene soprannominato “Leggenda” e diviene il cecchino più letale della storia delle forze armate statunitensi. In tutta onestà non riesco a capire come un “titolo” del genere possa essere onorevole, ma tra un traguardo e l’altro Chris mantiene agli occhi del regista e della moglie lasciata da sola a casa a badare alla prole la sua aura da sant’uomo. Anche quando gli orrori della guerra lo trasformano in un apatico robot senza emozioni, tutti continuano a venerarlo e sopportarlo.

Chris riesce a trovare pace dopo un incontro fortuito e decide di dedicarsi anima e corpo alla causa dei reduci e veterani tornati a casa con problematiche di vario tipo, dalle disabilità fisiche ai traumi psicologici.

Tratto dalla vera storia del soldato Chris Kyle, questo film ha suscitato curiosità prima e forti divisioni poi, tra chi lo considera un manifesto pacifista contro la guerra e i suoi terribili effetti e chi invece ne ha visto solo un manifesto di propaganda sulla grandezza dell’America come “esportatrice di democrazia”.
Da parte mia mi piace ricordare come le prime vere vittime di ogni guerra siano i civili e non chi sceglie di indossare un fucile ed una divisa, sebbene le atrocità belliche si ripercuotano su tutti gli attori coinvolti. Detto questo per me è veramente difficile immedesimarmi in Kyle, nella sua cieca fedeltà ai suoi ideali e al suo mestiere e ho trovato la pellicola un lungo spot in favore della campagna arruolamenti volontari d’America. Non ho letto infatti, tra le righe, una netta condanna nè al terrorismo nè alle risposte militari dell’Occidente (e forse questa era una scelta voluta) ma solo un tributo ad un uomo che per vivere si appostava sui tetti e premeva un grilletto.

Ciò nonostante il film ha riscosso un discreto successo da parte della critica, che ha premiato il sapiente lavoro di Eastwood regista, che ormai si fa apprezzare per i suoi racconti crudi narrati con stile e fredda lucidità.
[Assolutamente ridicolo invece l’uso di un bambolotto posticcio talmente finto da risultare decisamente fastidioso per ogni spettatore.]

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